Corriere della Sera 
23 gennaio 2016
Roberta Scorranese

 

 

«Sì, sono un architetto, ma non ho fatto case. E, come designer, ho realizzato soprattutto prototipi. Ecco perché scrivo tanti libri e firmo numerose mostre: per custodire quello che ho fatto. Che, altrimenti, sparirebbe». Ormai vicino agli ottant’anni (è nato nel 1938) Ugo La Pietra ha trovato una «vita propria», come i jazzisti chiamano il punto più compiuto dell’improvvisazione. «Ah, e sono anche un clarinettista. Ma non conosco la musica: suono a orecchio. Non lo dica in giro, mi raccomando». 

Designer (ha firmato migliaia di oggetti mai «piegati», come ama dire lui, al progetto industriale), indagatore della magia del cinema, borgesiano sui generis (in alcune sue opere ha interpretato il Manuale di zoologia fantastica ) divulgatore (ha diretto otto riviste pur rimanendo un bastian contrario del design italiano), architetto (celebri le sue idee radicali sull’abitare urbano), nonostante sia sempre stato un eretico, un contestatore della logica aziendalistica che si acquatta dietro all’arte, da qualche anno La Pietra è ovunque. L’anno scorso la Triennale di Milano gli ha dedicato un’accurata mostra antologica; di recente l’editore Corraini ha pubblicato un volume che riassume mezzo secolo della sua carriera, dal titolo Abitare con Arte . E, per finire, a marzo inaugurerà un’esposizione sulle sue opere in ceramica a Montelupo fiorentino. 

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