Il Giornale
18 gennaio 2016
Angelo Allegri

 

L'anno scorso sono stati almeno 8mila e non era mai successo: un piccolo esercito di persone che ha deciso di appendere la toga al chiodo e di dire addio alla professione di avvocato, cancellando il proprio nome dagli elenchi dell'ordine. Tutti, o quasi, si sono mossi per lo stesso motivo: l'impossibilità di pagare i contributi minimi richiesti dalla Cassa Forense (il fondo pensionistico della categoria) a partire dal 2015. Più o meno si tratta di 850 euro l'anno, 70 euro al mese. Non una cifra proibitiva, ma per molti comunque troppo alta, visto che si andava ad aggiungere a tutte le altre spese legate all'esercizio della professione. Il dato delle cancellazioni può fare felice chi ritiene che in Italia gli avvocati siano troppi (siamo a quota 220mila e sono molti, anche tra gli stessi interessati, a pensarlo), ma è un segnale d'allarme significativo. Che non riguarda, tra l'altro, solo gli avvocati, ma un po' tutto il mondo delle professioni. 

«Gli architetti? Sono i nuovi poveri» ha dichiarato qualche tempo fa il presidente dell'Ordine Leopoldo Freyrie. E lo stesso grido di dolore arriva dai rappresentanti degli altri albi. I professionisti italiani sono le vittime più silenziose della grande crisi economica iniziata tra il 2007 e il 2008. E a testimoniarlo è arrivata, appena prima di Natale una ricerca dell'Adepp, l'associazione che riunisce le casse pensionistiche dei professionisti italiani, da quelle degli avvocati, appunto, fino a quelle di ingegneri, geometri o ragionieri.

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