Il Sole 24Ore 
22 gennaio 2017
Mario Bellini

 

È la seconda volta che mi viene chiesto di “mostrarmi” in pubblico, ovvero curare il progetto di allestimento sul mio lavoro. Oggi sempre più articolato, molto vario e ormai lungo oltre 55 anni. 

La prima volta è successo al MoMA di New York nel 1987. Si accorsero di avere 25 mie opere nella loro collezione permanente e un giorno mi telefonarono chiedendomi a bruciapelo se avessi piacere di progettare una mostra che rendesse conto del mio lavoro fino a quel momento. Avevo 52 anni, già sette Compassi d’oro, mi era venuto a trovare in studio a Milano Steve Jobs per chiedermi di collaborare con lui (ma nel settore avevo ancora un esclusiva con l’Olivetti…), dirigevo Domus ed ero già molto inquieto. Nel senso che sentivo la scala piccola del cosiddetto “design” starmi sempre più stretta. 

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E allora come mostrare oggi tutto questo? Come cercare di dare un ordine, almeno apparente? Ancora una volta ho fatto ricorso a due armi elementari, che tutti possono avere e che ora usano solo pochi i bambini: un foglio bianco e una matita. Lo spazio ideale dove tutto si può immaginare, dove tutto può accadere. Il perimetro dove disegnare il mondo, in totale libertà. E così su un foglio bianco ho progettato anche questa mostra che la Triennale mi dedica nella mia città, per la prima volta. 

PS. Alla mia età questo tipo di mostra si definisce solitamente “retrospettiva”, ma per il mio carattere sempre in evoluzione e poco accumulativo, preferisco considerarla una “prospettiva”. In fondo come annota Marco Aurelio nei suoi Pensieri: «Solo il presente abbiamo e solo questo ci è tolto». (...)

 

Architetture della bellezza

Il Sole 24Ore 
22 gennaio 2017
Marco Sammicheli

Nel 1987 il MoMA di New York organizzò un’importante retrospettiva dedicata a Mario Bellini. In quell’occasione il museo chiese all’architetto milanese di firmarne l’allestimento - un privilegio che prima di allora era stato concesso solo a Charles e Ray Eames. Un porticato diagonale connetteva gli spazi espositivi mentre un sistema radiale di pedane accoglieva la produzione del designer. La simbiosi tra contenitore e contenuto non era stata una semplice intuizione della mostra ma assecondava un’attitudine culturale di Bellini espressa sin dal 1960, anno in cui allestì nella sala delle Cariatidi di Palazzo Reale a Milano la mostra del Compasso d’Oro. (...)

 

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