Il Sole 24Ore 
21 gennaio 2017

 

Il cortocircuito della burocrazia

Giorgio Santilli

L’attuazione del decreto legge sul post-terremoto, che sceglie un modello di separazione netta fra l’intervento di primo soccorso della Protezione civile e quello di ricostruzione affidato al super-commissario Vasco Errani, con competenze sulla carta nettamente divise ma svolte nello stesso momento e negli stessi luoghi ancora in gran parte “inagibili”, presenta alcune criticità che stanno emergendo in questa fase e che è bene correggere al più presto. 

Problemi che nascono non soltanto da conflitti di competenza e sovrapposizioni (superate nella gran parte dei casi dalla buona collaborazione e dalla volontà di trovare soluzioni), ma anche dal ritardo di entrata a regime dell’intervento più strutturato di sostegno alla ricostruzione. 

La criticità più grave è infatti che a Errani è stata affidata dalla legge una macchina amministrativa tutta da costruire, in tempi che sembrano allungarsi se si guarda alla piena operatività di queste strutture. Quella piena operatività che è l’unico metro con cui imprese e cittadini possono guardare all’azione dello Stato. 

Facciamo un esempio. Se le ordinanze del 14 dicembre e del 9 gennaio aiutano le imprese a ripartire definendo alcune regole fondamentali sulla riparazione dei danni gravi e sulla delocalizzazione dell’attività - e bisogna dare atto a Errani di avere fatto uno sforzo di accelerazione nella stesura di queste ordinanze - l’iter concreto delle autorizzazioni, delle pratiche, dei visti di cui le imprese hanno bisogno per ripartire è rallentato o bloccato dal fatto che ancora non funzionano (o non sono stati neanche avviati) snodi fondamentali, come uffici o piattaforme online. Sono quei “passaggi” necessari per la presentazione, la selezione, la valutazione delle domande, come racconta nel pezzo a fianco Massimo Frontera. 

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Imprese, semplificazione sulla carta

Massimo Frontera

Si chiamano "uffici speciali per la ricostruzione", ma di speciale finora hanno ben poco. In qualche caso non si possono neanche chiamare uffici, perché non sono strutturati o non esistono proprio. Quelli che esistono – formalmente – non hanno ancora raggiunto la "dotazione organica" già individuata; in metà dei casi non è stato neanche nominato il responsabile. C’è poi il caso limite dell’Abruzzo, dove l’ufficio speciale è ancora tutto da avviare. 

L’ufficio speciale della ricostruzione – da attivare in ciascuna delle regioni colpite dal terremoto (Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria) – è il front office indispensabile per la ricostruzione privata. Cioè per tutti coloro che – cittadini, imprese, allevatori, commercianti, agricoltori, albergatori – hanno necessità di riparare danni, lievi o gravi, a case, capannoni, aziende agricole, hotel, uffici; oppure intendono delocalizzare l’attività produttiva, ricostituire scorte, comprare macchinari. 

Gli uffici speciali valutano i progetti e le richieste di delocalizzazione, verificano e autorizzano i contributi e svolgono «tutti gli altri adempimenti relativi alla ricostruzione privata». Supportano inoltre i Comuni nel rilascio dei titoli edilizi. Ogni ufficio speciale deve anche avere uno sportello delle attività produttive «unitario» per tutti i comuni coinvolti.

 

Norme tecniche in stand by dal 2010

Giuseppe Latour

Burocrazia batte emergenza: uno a zero. Di fronte al muro di rallentamenti e rimpalli della pubblica amministrazione italiana, nemmeno la lunga maratona delle scosse in Centro Italia ha potuto nulla. Così, uno dei principali strumenti di prevenzione che il nostro paese ha attualmente in cantiere, nonostante l’emergenza, non è ancora uscito dall’angolo nel quale si trova dal lontano 2010. 

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La prevenzione non è un costo

Alberto Quadrio Curzio

Di fronte alla nuova tragedia abbattutasi sul Centro Italia è difficile trattare di decimali dei conti pubblici ai quali ci ha vigorosamente richiamato la Commissione europea poco prima della recente calamità. Tuttavia bisogna farlo anche per capire dove arriva la politica e dove arrivano i bilanci e come nel binomio si inserisca l’economia, in Italia e in Europa.

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Più volte nel corso del 2016 abbiamo esaminato i problemi italiani rivenienti da disastri naturali segnalando delle stime come ordini di grandezza: dal 1968 al 2012 i costi per le finanze pubbliche dei ripristini conseguenti ai sette terremoti più gravi sono stimati in circa 120 miliardi di euro attualizzati; dal primo dopoguerra al 2012 i danni provocati da catastrofi naturali sono stimati in 240 miliardi di euro attualizzati; un euro investito in prevenzione si stima che ne fa risparmiare almeno 5 in ricostruzioni; 6 milioni di italiani sono stimati in zone a rischio idrogeologico e 20 milioni a rischio sismico. 

 

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