la Repubblica 
3 gennaio 2017
Arianna Di Cori

 

Si è parlato di riqualificazione di aree dismesse e si è dato ampio spazio ai dibattiti sulla gentrificazione di settori di città. Ma la street art, oltre che messaggio politico, sociale ed espressione di alterità, si sta rivelando anche “arte applicata”. E se nel panorama contemporaneo la forza del supporto-muro è sempre più sentita (i fregi sull’argine del Tevere di Kentridge sono, di fatto, un’opera di street art), anche la commistione tra muralismo e architettura comincia a farsi strada.

(...) Già nel 2014 un’operazione analoga, sempre curata da Antonelli, è stata messa in atto sull’Ostiense, accanto a ponte Spizzichino: la decorazione in stile camouflage, realizzata da Clemens Behr, sulla facciata di un palazzo dell’Atac. «Abbiamo concordato il lavoro con gli architetti — ricorda il curatore — A Roma ci sono pochi esempi, ma questa è una prassi comune nelle altre capitali europee». Strano destino per la street art, nata in opposizione alla banalità dell’edilizia corrente, oggi diventata elemento di valorizzazione delle nuove trasformazioni urbane.

 

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