Il Sole 24Ore
19 settembre 2016
Stefano Carrer

 

Il simbolo della provincia è uno dei castelli più grandi e più belli del Giappone. Costruito all’inizio del XVII secolo, ha resistito a incendi, assedi e, da ultimo, alla guerra civile del 1877 guidata dall’eroe popolare Saigo Takamori, da cui ha tratto ispirazione il film «L’ultimo samurai». Il castello di Kumamoto, nel Kyushu, non ha resistito a un terremoto con aspetti senza precedenti anche in Giappone: due scosse nel giro di due giorni (14 e 16 aprile) di intensità sismica 7, la massima nella scala nipponica, anche se di magnitudo non da primato (6,2 e 7), oltre a più di 2mila scosse di assestamento (50 i morti, saliti a 95 includendo cause correlate; 2.316 i feriti; danni stimati in 4.600 miliardi di yen, pari a 40 miliardi di euro). Le guide ora non possono che accompagnare i turisti lungo il perimetro di 5,3 chilometri del castello, che resta tutto sbarrato. «Ci vorranno vent’anni per ricondurlo a come era prima, con una spesa di oltre 60 miliardi di yen – spiega Yusuke Umeda, uno dei responsabili dell’amministrazione del complesso –. Ma il sindaco Kazufumi Onishi ha posto come obiettivo la riapertura della torre principale fra tre anni». (...)

Guardando lo spettacolo di Mashiki, dove abbondano case accartocciate, quasi ci si stupisce che i morti siano stati solo 21. La leggerezza di molte costruzioni (spesso in legno) ha il vantaggio di non “seppellire” l’abitante sotto macerie pesanti in caso di cedimento. Molto appare perfettibile anche nel Sol Levante: basti pensare che, a cinque mesi dal sisma, ancora quasi mille persone vivono in centri di evacuazione (dagli iniziali 183mila sfollati), in attesa dell’ultimazione dei prefabbricati (mentre sono ancora allo stadio preliminare i piani per la costruzione di abitazioni permanenti).

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