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12 luglio 2016
Fabio Venanzi

 

Esulano dalla libera professione di ingegnere le attività non riconducibili nemmeno in parte alla cultura tecnica propria della professione. Lo ha affermato il tribunale di Milano – sezione lavoro – con la sentenza 2061/2016 del 7 luglio. Nello specifico Inarcassa ha iscritto d’ufficio un pensionato ultraottantenne che, dopo aver conseguito la laurea e l’abilitazione all’esercizio della professione, si è iscritto all’albo.

L’interessato, però, non ha mai lavorato come ingegnere libero professionista, avendo svolto mansione di dirigente d’azienda industriale per poi diventare pensionato dell’Inps dal 1990. Tuttavia, dopo il pensionamento, ha frequentato dei corsi conseguendo l’abilitazione come consulente per la sicurezza dei trasporti di merci pericolose a norma della direttiva 96/35/Ce, nonché come ispettore dei sistemi di qualità basati sulla normativa Uni En Iso 9000, aprendo la partita Iva per lo svolgimento di «altre attività di servizi non altrove classificati».

(...)

Il giudice di primo grado, sulla base dello statuto di Inarcassa, dove si fa espresso riferimento a ingegneri e architetti che esercitano una libera professione esclusivamente riservata, ha accolto il ricorso. Infatti la Cassa non ha provato – nemmeno in parte – che l’attività svolta fosse fondata nella cultura tecnica propria (bagaglio professionale) degli ingegneri.

 

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