Corriere della Sera 
22 giugno 2016
Gian Antonio Stella

 

(...) Era il 7 maggio 1976, il giorno dopo il terremoto del Friuli, non c’era ancora la minima idea di come affrontare un disastro con un piano minimamente organizzato e a scrivere nella sala consiliare di Majano quel foglio poi battuto a macchina nella prefettura di Udine, era il giovane architetto dai modi svelti e dal formidabile spirito organizzativo che con naturalezza avrebbe preso in mano la ricostruzione delle aree devastate dal sisma. Si chiamava Luciano Di Sopra, aveva quarant’anni e dopo aver coordinato col commissario Giuseppe Zamberletti, il governatore regionale Antonio Comelli e i sindaci quella ricostruzione presa a modello da tutto il pianeta venne chiamato ovunque, dall’Armenia al Messico, per spiegare «cosa» va fatto subito dopo un terremoto, «come» si deve intervenire, «quali» sono le priorità dopo i primi soccorsi. (...)

Se n’è andato lunedì, il grande Luciano. (...) Tra le tante cose che ci ha insegnato, ne ricordiamo due. Mai più interventi a pioggia: «Il Comune che chiese il più alto risarcimento in rapporto agli abitanti per il terremoto in Irpinia fu Maratea, a più di 140 chilometri dall’epicentro». Mai più new-town: «Gibellina Nuova dopo il terremoto in Belice fu un errore insano». Il sito della Protezione civile non si è manco accorto della sua morte. Ma forse è meglio così…

 

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