Il Sole 24Ore
6 giugno 2016
Lionello Mancini

 

In Calabria, nella parte d’Italia che soffre la presenza prolungata e violenta della mafia oggi più pericolosa – la ‘ndrangheta, che nel Reggino ha le sue radici – c’è uno Stato che non molla. Non è facile operare in un territorio così spesso tradito dalle istituzioni, che stenta a credervi ancora, quando non si mostra apertamente ostile. Eppure, a dispetto delle apparenze e dei facili nichilismi, pezzi dello Stato agiscono in silenzio e con delicatezza non limitandosi a “fare la propria parte”, ma anche quella di molti altri, con un plus di assunzione di responsabilità, operatività e cultura civica. 

Accade, dunque, a Reggio Calabria, che da quasi due anni la Procura della Repubblica abbia messo mano al capitolo “abusi edilizi”, sostituendosi di fatto ai Comuni, che negli ultimi vent’anni non hanno eseguito le sentenze definitive di abbattimento o acquisizione al patrimonio pubblico degli immobili irregolari.

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Su questioni tanto delicate non esistono automatismi applicativi e per questo gli agenti del Corpo forestale inviati dai Pm sul territorio e negli archivi verificano minuziosamente la correttezza topografica e proprietaria degli immobili, l’effettiva situazione al 2016, e se è il caso, la chiariscono agli interessati o ai loro eredi, ma il tutto senza cedere di un millimetro sullo scopo finale: ristabilire la legalità. Ci vogliono tempo e costanza, ma le cose procedono anche se dopo l’enorme lavoro di verifica (tuttora in corso), le demolizioni finora eseguite sono solo due.

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