Il Sole 24Ore 
22 maggio 2016
Stefano Brusadelli

 

Mentre il mondo è in preda alla frenesia di innalzare muri, almeno al Giambellino c’è chi vuole buttarli giù. In questo reticolo di case popolari e di cortili che è uno dei simboli di Milano, e che fa venire in mente le canzoni di Giorgio Gaber ma anche le imprese del bandito Vallanzasca, il gruppo di architetti guidato da Renzo Piano ha progettato (dopo Roma, Torino e Catania) il suo quarto “rammendo urbano“, tutto all’insegna dell’eliminazione delle barriere. Via i muri tra un cortile e l’altro, tra i cortili e i caseggiati, tra il mercato e il parco, e via le recinzioni che ora dividono il parco in otto lotti diversi. Perché cominciare col condividere gli spazi è il primo passo per mettere in comune anche il resto, superando le chiusure nel “particolare“ che sono la vera infezione del nostro tempo. «Far cadere le separazioni architettoniche», spiega il tutor del progetto, l’architetto Marco Ermentini, «è il primo passo per far cadere anche quelle tra esseri umani, per esempio tra giovani e vecchi, tra italiani e immigrati, o tra le diverse etnie di immigrati». Con l’aggiunta, come ripete Piano, che «la democrazia ha bisogno dei suoi spazi, come le piazze, i parchi, le strade, i ponti e i corti, dove la gente impara a stare insieme». 

(...)

 

Mappa del sito