Il Sole 24Ore 
8 novembre 2015
Salvatore Settis

 

Ogni mese (anche questo, anche il prossimo) cinque milioni di persone lasciano per sempre la campagna e migrano in città. Nel 1850 viveva in città il 3% della popolazione mondiale, oggi il 54%; il 70% nel 2030, secondo le previsioni: i due terzi dell’umanità. Nel 1950 le città del pianeta oltre il milione di abitanti erano 83, oggi sono più di 500, di cui sedici oltre i 20 milioni. In questa urbanizzazione a tappe forzate, più di un miliardo di esseri umani vive in slums, che talvolta coprono il 90 % di agglomerati che di “città” hanno solo il nome. Su questo sfondo, quale è il compito dell’urbanistica? È la dura domanda che corre in ogni pagina del nuovo libro di Franco La Cecla, Contro l’urbanistica (Einaudi). Ma si può essere, così senza mezzi termini, contro l’urbanistica o ancora Contro l’architettura (così un altro libro dello stesso autore, pubblicato da Boringhieri nel 2008)? La Cecla non è tanto ingenuo da voler negare l’intero percorso di una disciplina, ma ha il coraggio che basta per sfidarne l’incoerenza di fondo.

(...)

L’urbanistica al servizio di voraci developers, ci ricorda La Cecla, è incapace di contrastare le formidabili mutazioni interne che caratterizzano la città di oggi e di domani: l’esplosione delle periferie e l’obesità delle megalopoli, la mercificazione dello spazio in estensione (urban sprawl) e in altezza (il vertical sprawl che Vittorio Gregotti ha chiamato “grattacielismo”), la gentrification che scaccia i meno abbienti dai quartieri più appetibili (al tema è dedicato un recente libro di Giovanni Semi, appena pubblicato dal Mulino: Gentrification. Tutte le città come Disneyland?). 

(...)

 

Mappa del sito