Il Sole 24Ore 
11 ottobre 2015
Fulvio Irace

 

Dopo una presentazione alla Casa dell’Architettura, la mostra «Giuseppe Terragni a Roma» continua nella sede dell’Archivio centrale dello Stato che conserva fondi preziosi per la conoscenza dell’architettura italiana durante il Ventennio: tra essi anche le tracce dell’attività del grande architetto comasco rese per l’occasione disponibili alla visione del pubblico, che ha così occasione di misurarsi direttamente con la lettura di testi originali.

Dopo la mostra sull’EUR dell’anno scorso, torna così a riaprirsi uno spazio di riflessione sulla particolarità dell’architettura italiana tra le due guerre: se per molti versi l’eccezionalità di quella impresa urbanistica venne accentuata (e non spenta) proprio dalla catastrofe della nazione visibile nel desolato cratere del suo cantiere interrotto, l’eccezionalità dell’opera di Giuseppe Terragni (Como 1904-1943) uscì, per così dire, rafforzata dalla drammaticità della morte al ritorno del fronte russo. Travolto all’inizio dalla censura politica con cui la storiografia resistenziale costruì il ritratto ufficiale dell’Italia durante il regime , Terragni – la cui opera più nota rimane tuttora proprio la Casa del Fascio di Como – si è liberato solo pochi decenni fa dalla congiura di un imbarazzato silenzio e la sua statura è cresciuta fino al rango di protagonista di livello europeo.

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