Il Sole 24Ore 
6 ottobre 2015
Annamaria Capparelli

 

Otto metri quadrati di suolo distrutti ogni secondo, 70 ettari al giorno, e oltre il 7% del territorio irrimediabilmente perso. Terreni fertili cancellati da edifici, strade, infrastrutture e a guidare la classifica delle regioni più cementificate Lombardia e Veneto, con oltre il 10% del territorio totale. È la fotografia riguardante l’Italia scattata dall’Ispra, che ha studiato il fenomeno nel lungo arco temporale che va dal 1956 al 2012. E negli ultimi tre anni la situazione è, se possibile, peggiorata. 

La trasformazione del suolo, rileva l’Ispra, non impatta solo sui cambiamenti climatici (dal 2009 al 2012 è come se fossero stati immessi in strada 4 milioni in più di utilitarie), ma incide anche su risorse idriche e produzione agricola. Dagli anni Settanta la superficie agricola utilizzata è diminuita del 28%, in pratica sono stati sottratti alla produzione 5 milioni di ettari. È come se fossero state cancellate, con un solo colpo di spugna, Lombardia, Liguria ed Emilia-Romagna. Intanto si continua a professare la centralità dell’agricoltura in un progetto di rilancio economico del Paese. Ma per produrre il primo fattore indispensabile è la terra. Che in Italia è ancora scarsa e costosa. Il problema è chiaro, ma mancano ancora le soluzioni. 

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