Corriere della Sera - Milano
3 ottobre 2015
Paolo Foschini

 

L’architetto Gabriele Del Mese è il presidente della giuria che pochi giorni fa ha assegnato alla Gran Bretagna la palma del Padiglione più bello di Expo. E forse è lui ad aver espresso proprio quel giorno uno dei pareri più trancianti, tra il cinismo e il disincanto, in mezzo a quel «gran mare del secondo me» — come qualcuno l’ha definito — che ormai da mesi è il dibattito su cosa dell’Esposizione universale milanese andrebbe tenuto e cosa buttato: «Di opere iconiche di Esposizioni del passato ne sono rimaste poche. Milano ha conservato l’acquario del 1906. La Tour Eiffel, pur non essendo il padiglione della Francia, era comunque una di quelle cose che fanno bene al cuore. Per questo Palazzo Italia andrebbe demolito. Meglio sarebbe, piuttosto, tenere in vita l’Albero della Vita». La prima cosa non succederà, anzi il contrario è tra le poche cose sicure del dopo Expo. Mentre per la seconda, a dispetto del desiderio di molti, più passano i giorni più pare che ci voglia un miracolo. Come per il Padiglione Zero, altro uomo in mare di cui tutti lì a dire salvatelo. Ma che nessuno si tuffa a salvare. 

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