Il Sole 24Ore 
10 maggio 2015
Marco Carminati

 

Oggi abbiamo di Michelangelo Buonarroti un’immagine alta, sublime e meditabonda, simile ai busti, alle statue e ai dipinti che ci riportano le sue sembianze idealizzate. In realtà, per vedersi restituito il vero ritratto di Michelangelo bisognerebbe leggere attentamente i suoi scritti, e non solo le bellissime lettere o le sublimi poesie, ma i testi che nessuno legge: ad esempio, i preziosissimi «scritti di cantiere». 

A questa impresa s’è sottoposto con coraggio e competenza Andrea Felici (giovane italianista dell’Università per stranieri di Siena) che s’è gettato a capofitto negli autografi michelangioleschi riguardanti la fabbrica di San Lorenzo a Firenze, che vide impegnato il Buonarroti dal 1515 al 1534 e che è uno dei complessi monumentali meglio documentati di tutta la produzione del genio rinascimentale.

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Le incombenze e le ansie quotidiane per il cantiere laurenziano passano attraverso miriadi di scritti e annotazioni che il corpus riunito nel libro suddivide in sezioni precise. Si parte con «Ricordi, inventari e annotazioni varie». Sono gli appunti presi pro memoria di carattere prevalentemente economico, legati all’estrazione, al taglio e al trasporto di marmi e delle materie prime. Naturalmente ci sono anche i pagamenti alle maestranze. Seguono le preziose lettere al padre e al fratello, alla corte pontificia e agli addetti alle cave. Come è comprensibile Michelangelo produce numerosi disegni di dettagli architettonici della fabbrica, tutti fitti di annotazioni e raccomandazioni. 

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