Il Sole 24Ore 
5 ottobre 2015
Mauro Meazza

 

Qualcosa può cambiare: tra le professioni intellettuali e la politica (governo e parlamento) sembra di cogliere qua e là qualche segnale positivo, di maggior disponibilità al confronto. Nel grande cantiere della legge di Stabilità si annunciano misure per rivedere il trattamento fiscale dei minimi e delle partite Iva; si torna a parlare di una revisione della fiscalità per le Casse di previdenza; nella discussione del disegno di legge sulla concorrenza è stato dato ascolto alle indicazioni delle categorie (anche se non è detto che sia stato raggiunto un equilibrio definitivo).

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Buone (e meritate) notizie, per una galassia che in Italia conta «2,5 milioni di lavoratori autonomi... oltre due milioni di iscritti agli Ordini, un indotto di circa 200mila dipendenti ... un comparto di 4 milioni di operatori che rappresenta il 12,5% del Pil italiano» (riportiamo le parole del ministero). E che nell’Unione europea, solo riferendosi alle professioni liberali, riunisce - stando ai documenti della Commissione - quattro milioni di lavoratori della conoscenza, «che creano 11 milioni di posti di lavoro con un giro d’affari di 500 miliardi di euro».

Aperture impensabili per chi ricorda le contrapposizioni frontali avviate alla fine del secolo scorso, con le censure al sistema ordinistico nazionale e i moniti per le tariffe.

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