Oltre 2 mila chilometri di costa sono  stati cementificati in Italia negli ultimi 50 anni e il mattone non e' che uno dei tanti fattori di pressione sui nostri mari  insieme a siti di estrazione o al traffico merci. Invertire la rotta però  e' possibile, partendo da quei tratti di litorale che  ancora "resistono" - dalla Liguria alla Sicilia - e che possono  traghettare il Paese verso un'economia "blu" sostenibile.
Secondo il dossier "Italia: l'ultima spiaggia" del Wwf che evidenzia come su circa 8 mila chilometri di coste italiane sono 1.860 chilometri i tratti ancora liberi,  circa un quarto del totale. Le quattro aree "pilota" individuate d all'associazione, quelle particolarmente ricche dal punto di  vista ecologico, sono il Mar ligure e arcipelago toscano, il Canale di Sicilia, il mare Adriatico settentrionale e il Canale  di Otranto. Il cemento gioca un ruolo chiave: in mezzo secolo la densità di urbanizzazione nel primo chilometro di territorio che si  affaccia sul mare e' passata dal 10 al 21%, con punte del 33% in  Sicilia e del 25% in Sardegna. Tra il 2000 e il 2010 sono stati costruiti sui versanti tirrenico e adriatico 13.500 edifici, 40  per chilometro, e più del doppio sulla costa jonica. A questo ritmo, sottolinea l'associazione, nei prossimi trent'anni  avremmo almeno altri 40.500 nuovi edifici. Tuttavia  interrompendo l'ulteriore consumo di suolo si possono ancora  salvare le aree con alto grado di naturalità. Per questo motivo  il Wwf chiede una moratoria della nuova  edificazione nella fascia costiera fino all'approvazione dei piani paesaggistici in tutte le Regioni e il blocco dei rinnovi  automatici delle concessioni balneari fino a quando l'Italia non  si doterà di una normativa che preveda l'obbligo di gara.

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