Consolidare la centralità del progetto nei processi di trasformazione del territorio, abolire l’appalto integrato, aprire il mercato agli operatori economici medio-piccoli e garantire regole semplici e trasparenti negli affidamenti: sono questi i punti fondamentali che, secondo il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, dovrebbero ispirare la riforma del quadro normativo in materia di lavori pubblici.

 “Il Codice del 2016 - sottolinea Giuseppe Cappochin, Presidente del Consiglio Nazionale - deve essere profondamente rivisto per superare una serie di criticità anche se, alcuni elementi che riguardano servizi di architettura e ingegneria costituiscono punti di riferimento da cui ripartire. Uno di questi è l’art. 24 comma 8, come modificato dal correttivo, che ha stabilito regole certe per il calcolo dei corrispettivi da porre a base di gara, che riteniamo indispensabili al fine di adottare le diverse procedure di affidamento che variano in relazione all’importo posto a base di gara; regole grazie alle quali è stato inoltre scongiurato il rischio che possano essere reiterate esperienze che hanno progressivamente mortificato la qualità delle prestazioni professionali, sino a raggiungere casi paradossali come quello di Catanzaro (progettazione ad un euro)”.

Per il Vicepresidente Rino La Mendola “sono da salvaguardare anche i passi fatti per ridurre il peso dei requisiti economico-finanziari negli affidamenti e per aprire i concorsi di progettazione ai giovani o comunque ai professionisti in grado di garantire prestazioni di qualità anche se non sono in possesso di grandi strutture professionali con grossi fatturati e con un  alto numero di dipendenti. Da confermare, inoltre, le nuove regole grazie alle quali sono stati drasticamente ridotti gli affidamenti “in house” nelle concessioni e sono stati eliminati balzelli, come quelli della cauzione provvisoria, a carico dei professionisti impegnati nella partecipazione ad una gara per l’affidamento della progettazione”.

“Nonostante questi elementi positivi - per il Consiglio Nazionale - al fine di consolidare la centralità del progetto e di scongiurare il rischio di continuare a registrare varianti ed opere incompiute, è necessaria una svolta forte e concreta per abbandonare del tutto procedure, già in parte ridimensionate dal Decreto 50, come l’appalto integrato, stabilendo che l’affidamento dei lavori avvenga solo sulla base di progetti esecutivi”.

“Auspichiamo in particolare una riforma che punti sul concorso di progettazione a due gradi, quale strumento per affidare la progettazione delle opere di architettura, con l’obiettivo di garantire maggiore qualità architettonica alle nostre opere pubbliche, nella consapevolezza dell’effetto traino che il settore dei lavori pubblici esercita nei confronti della committenza privata.”

“E’ inoltre indispensabile dotare gli addetti ai lavori di un regolamento unico a supporto del Codice, con un testo organico, di facile lettura e di semplice applicazione, e cancellare quelle norme che alimentano attualmente invalicabili barriere, che finiscono per riservare il mercato dei lavori pubblici solo alle grandi strutture professionali che hanno avuto la fortuna di lavorare negli ultimi anni, alimentando le proprie esperienze professionali ed accumulando un notevole fatturato".
Il Consiglio Nazionale degli Architetti, unitamente alla Rete delle Professioni Tecniche, ha redatto un documento, con le proposte degli addetti ai lavori, finalizzate a superare le criticità del Codice varato con Decreto legislativo 50/2016, nell’ambito dei servizi di architettura e ingegneria. Documento che è stato già inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri, Conte, al Ministro alle Infrastrutture, Toninelli, ed alle Commissioni Parlamentari competenti.


Roma, 31 luglio 2018.

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