Corriere di Bologna
30 dicembre 2015
Dino Collazzo 

 

Contratto a progetto addio. Una delle forme contrattuali simbolo dell’era della precarietà selvaggia sta per andare definitivamente in pensione. A partire dal 1° gennaio non esisterà più, così come recita la norma del Jobs act. Lungo la via Emilia — secondo le stime dell’agenzia per il lavoro Adecco — sono circa 38 mila le persone che tra oggi e domani rischiano di trovarsi in un limbo. Dal primo gennaio potrebbero avere in mano, nella migliore delle ipotesi, un contratto a tutele crescenti. Altrimenti chissà. 

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L’impatto maggiore di questa piccola rivoluzione riguarderà il settore privato e si riferiscono ai contact center, le agenzie di marketing e comunicazione, gli studi tecnici (architettura e ingegneria), le società di Information technology, l’e-commerce, e gli istituti di formazione.

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Per quanto riguarda gli studi professionali è difficile trovare forme contrattuali di questo tipo «è più facile imbattersi in professionisti con la partita Iva», spiega Pier Giorgio Giannelli, presidente degli ordini degli architetti che aggiunge «è giusto andare verso la riduzione di queste forme contrattuali. Al contempo credo serva chiarezza anche sul lavoro autonomi». Poi ci sono le collaborazioni che sopravviveranno, come i call center, le professioni intellettuali che richiedono l’iscrizione agli albi, gli amministratori di società, i sindaci di controllo. A questi si aggiungono le migliaia di collaborazioni del pubblico che, in attesa della riforma, non potranno essere stabilizzati almeno fino al 1 gennaio 2017. 

 

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