la Repubblica - Bologna
20 maggio 2015
Pier Giorgio Giannelli

 

Ha ragione Marco Ferrari quando dice che Bologna è una città ahimè molto conservatrice, responsabilità anche di chi vi ha operato per decenni, imponendo punti di vista e dottrine personali come fossero verità rivelate. L’Ordine degli Architetti sta da tempo portando avanti dal punto di vista culturale, avrà avuto modo di constatare come molte iniziative siano proprio mirate allo sviluppo, presso un pubblico vasto di non addetti ai lavori, di un interesse verso i temi della città. Servono operazione culturali sul progetto di architettura, sia esso un semplice ma fondamentale elemento dissuasore di sosta, od un ospedale; servono momenti di confronto collettivo che possano essere delle palestre per architetti e cittadini, momenti di riflessione sullo spazio pubblico, di come questi ultimi lo intendono e quali risposte i progettisti sono in grado di proporre per soddisfare i loro desiderata. Lo diciamo da tempo: servono i Concorsi, che sono la procedura ideale per innescare dibattito sui temi della città.

A breve terminerà il Concorso internazionale per il Memoriale della Shoah, e tra poco, anche grazie alla collaborazione tra Comune Inarcassa ed Ordini degli Architetti e degli Ingegneri, saranno banditi i Concorsi per le cinque nuove scuole; forse un primo piccolo passo, attraverso questi eventi, possiamo pensare di farlo. Il contributo dei media sarà essenziale.

Ma se bastano pochi elementi di arredo urbano a fare strillare tutti, come possiamo pensare di diventare una città culturalmente matura?

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