Il Sole 24Ore 
7 maggio 2017
Gabriele Neri

 

Poche professioni hanno visto trasformare in maniera così profonda il proprio statuto disciplinare quanto quella dell’architetto. Nel corso dei secoli la sua immagine si è continuamente aggiornata, accentuando o mitigando le tante anime che la compongono: quella di tecnico della costruzione, di capomastro e uomo d’affari, quella di intellettuale, di ingegnere e artista adatto ora al salotto, ora al cantiere. È possibile ricostruire un’immagine così multiforme? La mostra L’architecte. Portraits... et clichés alla Cité de l’Architecture di Parigi ci prova selezionando una lunga sequenza di ritratti di architetti dall’Antichità ad oggi e componendo così una storia della professione piena di curiosità e sorprese. (...)

La mostra, che privilegia la prospettiva francese, corre rapidamente al Grand Siècle, il secolo del barocco e del Re Sole. In questo periodo l’architetto conquista il ruolo di artista creativo, ma soprattutto è vicinissimo a Luigi XIV, che non a caso fondò l’Académie Royale d’Architecture (1671). Nei ritratti si vede chiaramente il rapporto col potere, riflesso negli abiti e nelle medaglie, così come nelle parrucche incipriate: ad esempio quelle di Jules Hardouin-Mansart, soggetto di raffinate incisioni. L’inglese William Hogarth realizzò una stampa satirica dedicata proprio a tali accessori, ispirata dagli ordini architettonici – si chiama I Cinque Ordini di Parrucche – con boccoli al posto di colonne e capitelli, «studiati dopo osservazioni fatte ad Atene, Palmira, Balbec e Roma».

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Tra tele, busti, fotografie e video la mostra si concentra poi su temi più specifici, come la passione di Ingres per i suoi amici architetti – fece decine di ritratti – o la fama di Charles Garnier, progettista dell’Opéra parigina e noto come «l’Indiano» per i suoi lineamenti, riprodotti in mille modi inaugurando il mito dell’archistar. (...)

 

L’architecte. Portraits... et clichés , Parigi, Cité de l'Architecture, fino al 4 settembre

 

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