ladiscussione.com
25 gennaio 2016
Giuseppe Picciano

 

“Una osservazione preliminare: noi siamo molto soddisfatti che il nuovo Codice degli Appalti abbia recepito tutta una serie di proposte degli architetti italiani che,  come noto, da tempo si battono per riportare i lavori pubblici al rispetto di quei principi di semplificazione, legalità e certezza nella esecuzione fino ad oggi perduti, spesso a causa di norme sbagliate. Tra le nostre proposte che sono state recepite mi piace ricordare il superamento del principio del massimo ribasso; l’introduzione del débat public volto a rendere tutti i cittadini partecipi di un’opera pubblica; e, ancora, il trasferimento dell'incentivo del 2 per cento per i dipendenti della pubblica amministrazione dalla fase di progettazione alla fase di programmazione e predisposizione delle gare ed a quella di controllo, con la previsione di sanzioni in caso di non controllo e inadempimenti”. Leopoldo Freyre, presidente del Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori, ribadisce la soddisfazione della categoria per il nuovo Codice gli appalti che prende corpo e ne spiega le ragioni, in esclusiva, a La Discussione.

Presidente Freyrie, da cosa deducete che il nuovo Codice degli appalti consideri realmente centrale la qualità della progettazione?

“E’ l’impianto stesso del nuovo provvedimento che evidenzia il riconoscimento della centralità del progetto là dove, ad esempio, viene definito che, d’ora in poi,  le gare verranno  aggiudicate sulla base di criteri di qualità del progetto. Solo un progetto ben fatto  può assicurare alle comunità  buone architettura, opere utili e belle. Nel nostro Paese ci sono stati casi in cui per la ristrutturazione, ad esempio, di un edificio ospedaliero venivano accordati ai concorrenti sessanta giorni di tempo per elaborare il progetto, ovvero il tempo normale per disegnare il rifacimento di un piccolo appartamento. Ed ancora sono  state diffusissime le assegnazioni di incarichi pubblici di architettura con ribassi al settanta o ottanta per cento rispetto agli standard normali di costo di un progetto, in Italia come in Europa. Tutto ciò senza chiedersi come mai ci siano professionisti disposti a perdere denaro pur di vincere. In Italia è  stato normale pensare che chi predisponeva il progetto preliminare fosse un professionista diverso da quello che redigeva quello definitivo, che un altro ancora predisponesse quello esecutivo e ad un quarto venisse affidata la Direzione dei Lavori: come se il progetto non fosse un unicum, ma se ne potesse fare, invece, uno spezzatino con il risultato di non poter più attribuire a qualcuno effettive responsabilità ma anche facendo lievitare costi e varianti”.

(...)

 

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