"Sono passati cinquant'anni dal terremoto del Belice che, colpendo la Sicilia centro-occidentale, ha fatto registrare 296 vittime e la distruzione di interi centri abitati (Montevago, S. Ninfa, Salaparuta, Gibellina, e S. Margherita Belice). Nel 1968, la zona colpita non rientrava tra quelle definite 'sismiche' nella classificazione del territorio italiano di quel periodo: il 98% dei fabbricati realizzati in muratura ordinaria subì ingenti rovine, mentre quel 2% costruito in cemento armato registrò danni marginali pur non essendo vigente alcuna norma antisismica". Queste le parole di Fabio Tortorici, Presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi, ricordando il violento sisma che, tra la notte tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, distrusse i paesi della Valle del Belice.  "In questi anni sono stati fatti grandi passi in avanti riguardo alla classificazione sismica della nostra nazione e l'evoluzione delle norme antisismiche ha contribuito gradualmente ad aumentare la sicurezza delle nuove costruzioni - afferma il geologo siciliano -, purtroppo però permane il problema della messa in sicurezza dei fabbricati realizzati in assenza o con vecchie norme antisismiche. La prevenzione è l'unica strada da seguire; oggi gli studi di microzonazione sismica e di risposta sismica locale permettono ai geologi di fornire nelle fasi di progettazione (oltre che nelle previsioni urbanistiche) una lunga serie di elementi che giocano un ruolo imprescindibile nella sicurezza del territorio e dell'edificato".

 

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