In Italia complessivamente sono 3291 i chilometri di paesaggi costieri trasformati da case, alberghi, palazzi, porti e industrie, pari al 51 % del totale. In alcune Regioni i numeri raggiungono situazioni incredibili, come in Abruzzo e Lazio dove si supera il 63%, in Liguria il 64% e in Calabria il 65%, e dove si sono salvate solo le aree meno appetibili, con rilievi, o più difficili da aggredire, come foci di fiumi e rilievi montuosi. È questa la fotografia scattata da Legambiente e che viene raccontata nel libro "Vista mare. La trasformazione del paesaggi italiani costieri" - edito da Edizioni Ambiente e pubblicato con il supporto di Castalia. Un viaggio fotografico, regione per regione, per vedere, attraverso una serie di scatti satellitari ravvicinati (con scala 1:5000), come è cambiata la costa e come il cemento, nel corso di questi anni, abbia deliberatamente invaso i litorali anche in barba alla Legge Galasso in materia di tutela paesaggistica, approvata nel 1985 e che prevede un vincolo di tutela per le aree costiere fino a 300 metri dalla linea di costa. Dal 1985, nonostante tale legge, sono stati trasformati 302 chilometri di coste con una media di 13 km all'anno "consumati" dal cemento,cioè 48 metri al giorno. Senza contare che in questi anni sono solo tre le Regioni (Puglia, Toscana e Sardegna) dove sono entrati in vigore Piani paesaggistici che davvero tutelano i territori costieri ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Tra le regioni più devastate dal cemento tra il 1988 e il 2012, ci sono quelle del sud e centro Italia: la Sicilia con 65 km cementificati, il Lazio con 41 e la Campania con 29 chilometri. Dati, che per Legambiente, dimostrano ancora una volta come ad oggi si continui a non capire che il futuro del Mezzogiorno non passa per le grandi opere, ma per l'ordinaria tutela del suo paesaggio come volano di un turismo che oggi chiede qualità e legami tra storia, mare, territorio.

 

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