Forte rischio demografico per la regione Sicilia che tra 20 anni avrà oltre mezzo milione di abitanti in meno. A partire dal 2014 è iniziata una dinamica negativa che ha portato a perdere tra 2013 e 2017 quasi 68.000 abitanti. Senza significativi mutamenti di scenario, soprattutto a causa dei fenomeni di invecchiamento della struttura demografica, nel prossimo futuro si verificherà un calo consistente della popolazione regionale, segnando quasi 190mila abitanti in meno nel decennio 2001/2026 e oltre 322mila nel decennio successivo, per una contrazione netta nel ventennio 2016-2036 di 513mila abitanti (-10,1%).

E’ questo uno dei dati della ricerca che il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha commissionato al Cresme e che sono stati illustrati a Palermo nel corso dell’incontro “Le città del futuro. Idee, strategie e progetti per la Sicilia”, nona tappa - delle 14 previste - del percorso di avvicinamento all’ VIII Congresso Nazionale degli Architetti italiani che si terrà a Roma dal 5 al 7 luglio prossimi.

Altrettanto poco confortanti sono gli altri dati. Il ritardo della Regione con il resto del Paese è andato crescendo: nel 2016, la regione Sicilia ha un prodotto interno lordo inferiore del 13,7% rispetto a quello registrato nel 2007, mentre il Trentino - Alto Adige registrava un +4,%; Lombardia -1.3%, la Campania -10,5%, la Puglia -9,5%. Solo Umbria (-16,1%) e Molise (-17,8%) hanno registrato una dinamica più negativa.

Nel 2017, secondo i dati ancora provvisori, si è però rafforzata la ripresa della domanda privata, grazie ai consumi delle famiglie, sostenuti da un credito in espansione, e alla spesa dei turisti. Allo stesso tempo si sono registrati segnali positivi dal settore produttivo, ancora stagnante nel 2016. La maggiore domanda ha sostenuto gli investimenti delle imprese industriali, in modesta ripresa già dal 2016 e che si sono più di recente rafforzati anche grazie agli incentivi fiscali del piano Industria 4.0, sebbene il ricorso a tali agevolazioni in regione rimanga inferiore rispetto alla media nazionale (un quarto delle imprese secondo il sondaggio di Banca d’Italia, circa il 10% in meno della media Italia). Le imprese locali, però, nel 2018 dovrebbero beneficiare del nuovo ciclo delle politiche di coesione che dovrebbe avviare la sua fase di investimento, avvalorando così le aspettative di rafforzamento della crescita degli investimenti in particolare, e di conseguenza dell’economia regionale.

Il debole miglioramento del quadro economico ma al contempo l’instabilità di tale processo, trovano riscontro in un mercato del lavoro che nei primi nove mesi del 2017 è poco più che stagnante, e con profonde criticità in alcuni settori di attività economica. La crisi occupazionale dell’Isola ha il principale protagonista nel settore delle costruzioni, che dal 2008 ha perso quasi il 50% degli addetti: in dieci anni sono fuoriusciti dal settore 97mila occupati, sono pari all’84% dei 115mila occupati persi nel complesso dall’economia siciliana.

Il tasso di disoccupazione in regione è tra i più alti in Italia, superato solo dalla Calabria. In termini di dinamica, è cresciuto fino al 2014, attestandosi sul 22,2%, raggiungendo il livello massimo, e dopo una modesta riduzione registrata nel 2015 (21,4%) nel 2016 è tornato a superare il 22%, per attestarsi al 21,5% nel 2017, 10 punti percentuali sopra la media nazionale. Ancora più drammatico il quadro della disoccupazione giovanile, che mostra livelli altissimi: nel 2014 ha raggiunto il 57%, quando la media nazionale era pari al 42,7%, ma il modesto miglioramento nel periodo successivo è stato superato da un nuovo balzo nel 2017 , con un incremento sopra il 57%, raggiungendo così il livello più alto dal 2004 mentre in Italia è scesa al 37,8%.

Anche il turismo mostra segnali di crisi. Con 4,4 milioni di arrivi nel 2016 e 14 milioni di presenze, la Sicilia assorbe circa il 4% dei flussi turistici nazionali, collocandosi al decimo posto nella classifica delle regioni italiane. Una posizione del tutto insoddisfacente considerante le bellezze naturali, storiche, artistiche e architettoniche della Sicilia. La recente dinamica dei flussi, in particolare la riduzione degli arrivi registrata nel 2015 e il 2016, ha avuto un impatto importante su una dinamica del PIL poco brillante. Si osservi come nel periodo per il quale sono disponibili dati ufficiali, dal 2008 al 2016, gli arrivi in regione sono aumentati solo del 4,8%, a fronte di un tasso che nella media nazionale supera il 22%.

Pochi i segnali di ripresa per il settore delle costruzioni che, nel passato, rappresentava uno dei motori dell’economia siciliana. Secondo le stime del Cresme il valore della produzione delle costruzioni in Sicilia nel 2017 è pari a 6,6 miliardi di euro, poco più del 5% del totale nazionale. La stima degli investimenti delinea un settore in profonda crisi, con investimenti in calo fino al 2016, poco più che stagnanti nel 2017, e con profonde variabilità settoriali. Le prime ipotesi di ripresa per il 2018 definiscono un livello degli investimenti che fatica a recuperare i margini persi nel corso della lunga crisi.

Dal mercato dei bandi di gara per opere pubbliche arrivano segnali abbastanza evidenti di un settore in ridimensionamento. Da un lato è evidente il processo di netta contrazione della domanda, con un numero di interventi che passa da 2.400 nel 2002 a meno di 1.000 nel 2017. Sul fronte della spesa si osserva una forte variabilità legata alla pubblicazione di singoli maxi interventi di importo rilevante e la stabilizzazione negli anni più recenti su livelli di spesa più modesti. Negli ultimi anni mancano infatti le grandi iniziative che hanno caratterizzato il mercato nel 2005-2006 e 2009-2010. Nel 2017 il mercato regionale è quantificato in 977 gare e 1,3 miliardi, quantità rispettivamente in calo del 7% e in crescita 14% rispetto al 2016, un anno in cui si erano fatti sentire gli effetti delle novità normative in ambito di attività appaltistica e di finanza pubblica, a frenare la domanda.

Palermo, 6 aprile 2018.

 

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