Si è aperto stamattina presso gli spazi della Facoltà di architettura di Roma Tre all’ex Mattatoio l’evento finale della terza edizione della Biennale dello spazio pubblico, la manifestazione che da quest’anno si svolge in una veste rinnovata con quattro enti promotori: l’Istituto Nazionale di Urbanistica, la sua sezione laziale, il Consiglio nazionale degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori e l’Ordine degli architetti di Roma. Una tre giorni con oltre quaranta laboratori e più di 600 relatori italiani e stranieri, dedicata all’approfondimento e al dibattito sulla gestione e la valorizzazione dello spazio pubblico nelle nostre città.

All’apertura sono intervenuti i rappresentanti degli enti che hanno promosso e collaborato all’organizzazione della Biennale. Centrale è stata nella discussione la circostanza significativa, richiamata da molti relatori, tra cui il coordinatore Mario Spada, dell’obiettivo della Biennale di contribuire ad abbattere le separazioni tra le discipline e le pratiche dell’urbanistica e dell’architettura.

La presidente dell’Inu, Silvia Viviani, ha affrontato i temi che legano direttamente il programma e gli obiettivi dell’Inu con la scelta di sostenere la manifestazione e le sue ambizioni di discussione e approfondimento, a cominciare “dalla necessità di un’aggregazione fertile attorno agli spazi nei quali viviamo, che punti a buttare giù i muri che ci dividono. Se questa aggregazione c’è arriva il fermento che muove le capacità: le città hanno bisogno di diventare capaci, dalle città deve partire una dinamica che segnali l’attitudine all’innovazione e la gestione del cambiamento, che è innanzitutto un modo di camminare insieme, costruire un linguaggio e regole di convivenze di comuni, com’è nelle caratteristiche peculiari del progetto. I progetti sono mappe e racconti, che devono sapere affascinare: sono modi per costruire nuova sapienza nell’utilizzare le risorse che abbiamo”. A proposito di queste, Viviani ha spiegato che “la principale è la città, luogo di diritti e di mitigazione delle disfunzioni e delle diseguaglianze. La città è anche produzione di comportamenti e paesaggi urbani. In più la città deve essere progetto di cittadinanza, recupero di suolo per le reciprocità”.

Per Leopoldo Freyrie, presidente degli architetti italiani “serve perseguire la Rigenerazione urbana sostenibile, Riuso, della quale lo spazio pubblico è l’elemento fondante, attraverso la realizzazione di nuove politiche urbane che siano espressamente rivolte al miglioramento delle nostre città: questo deve essere l'investimento del futuro. Va quindi capovolta la politica economica del nostro Paese che, invece, è stata, ed è, centrata sulla realizzazione di infrastrutture. Ora le priorità sono altre. Da oggi, e per i prossimi decenni, gli edifici, oltre ad essere belli - e questo per noi architetti non può che essere un imperativo - devono essere progettati e costruiti secondo norme antisismiche, non devono consumare troppa energia, devono essere integrati all'interno di uno spazio pubblico, devono rispondere alla logica del low cost. Altro aspetto fondamentale è che Riuso è in grado di  attivare energie e risorse economiche private che, messe a sistema, sono in grado di avviare una stagione di riqualificazione profonda delle città italiane, indispensabile per lo sviluppo, l'innovazione ed in grado di fornire  la risposta giusta alle necessità di risparmio del suolo".

Giovanni Caudo, assessore alla Rigenerazione urbana di Roma capitale ha riconosciuto che la Biennale dello spazio pubblico si è conquistato “uno spazio importante tra gli eventi nazionale legati alla città. E’ significativo che si svolga un’altra volta a Roma, contribuisce alla ricostruzione di un dibattito pubblico sulla città, di cui c’è bisogno: per il programma di mandato dell’amministrazione Marino, la città o è pubblica o non è”.
 

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