“Serve una nuova politica di tutela  dei monumenti, dei beni architettonici e paesaggistici  che tenga  conto dei nuovi paradigmi di riduzione del consumo del suolo e di riuso delle aree urbane, di confort abitativo ma anche di innovazione tecnologica e della necessità, improrogabile, del risparmio energetico. Così come cambiano l'urbanistica e l'architettura, deve cambiare anche l'approccio alla tutela, valorizzando i principi di riuso dell'esistente e coniugando la tutela di edifici e paesaggi con la vita contemporanea”.

Così Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori.

“Non è più tempo di contrapposizioni ideologiche tra chi vuole demolire e chi considera intoccabile qualunque preesistenza: è tempo, invece, di una discussione aperta e senza pregiudizi culturali - nella quale gli architetti sono impegnati in prima linea - che tenga anche conto del fatto che senza la collaborazione dei cittadini, la tutela dei centri e dei borghi storici è impossibile. Per rendere partecipe dello sviluppo il meraviglioso sistema dei centri storici minori italiani che sono stati abbandonati per costruire orribili sobborghi, si deve  incentivare - anche fiscalmente - il loro riuso, così come creare le condizioni perché in quei luoghi si torni a vivere e a lavorare”.

“Dove c'è la vita normale dei cittadini - continua Freyrie - devono esserci tutela e manutenzione, ma anche le condizioni tecniche, scientifiche e culturali perché la vita contemporanea riusi la storia: il rischio - altrimenti - è quello della museificazione e di comportamenti simili a quelli delle comunità hamish degli Stati Uniti che continuano a vivere in un passato che intorno a loro nemmeno esiste più”.

“Tra le priorità - secondo il presidente degli architetti italiani - quelle che le Soprintendenze tornino a indirizzare energie e competenze sui progetti di tutela vera e propria e che si liberino dal controllo delle minuzie e dei piccoli interventi reversibili, che rappresentano attualmente  il 70% del loro lavoro; e che, per garantire la conservazione e la valorizzazione del nostro sterminato patrimonio dei beni culturali si ricorra alla collaborazione dei privati perché nessun bilancio pubblico è in grado sostenerne gli immensi costi”.

“Con un lavoro intelligente e aperto di educazione civica - conclude Freyrie - di linee guida per i progetti, di formazione dei progettisti e di dialogo culturale, si può rinnovare il modello della tutela dei beni architettonici e ambientali che oggi hanno bisogno di meno sottoscrizioni e di appelli sui quotidiani  e di un maggiore e concreto coinvolgimento della comunità dei cittadini”.



Roma, 18 marzo 2015

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