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L'uomo che progettava a colori e sapeva giocare con il mondo

 
Testata:
Corriere della Sera
 
Data:
23-10-2007
 
 
«Se non siamo contenti di questa società basata sul denaro e non sulla persona - scriveva Bruno Munari nel 1980 - credo che non si debbano fare proteste pubbliche nelle piazze, ma si possa cominciare ad occuparsi della nuova società che verrà e che è già qui ed è rappresentata dai bambini». Un'idea di una genialità e una semplicità disarmante. Ma, d'altra parte, Bruno Munari, designer, artista, creativo, studioso e pedagogo non era nuovo a simili prese di posizione. (...) Nel 1935 il primo quadro astratto (oggi si chiamerebbe op-art), nel 1945 il primo multiplo, «L'ora X»; nel 1965 una mostra a Tokyo, a lui dedicata, registrò oltre 3.000 visitatori al giorno e i quotidiani locali titolarono: «Munari è in pieno spirito zen». E ancora, venne invitato a tenere una serie di lezioni ad Harvard e al Mit.
Il suo credo (valido ancora oggi per i designer moderni) era: «Progettando senza alcun preconcetto stilistico e formale, tendendo alla naturalezza nella formazione delle cose si ottiene un prodotto essenziale », come dichiarava nel libro «Arte come mestiere» edito da Laterza nel 1966. Da giovedì una mostra alla Rotonda della Besana di Milano celebra il centenario della nascita di questo creativo poliedrico. Fino al 10 febbraio 2008 vengono mostrate oltre 270 opere tra dipinti, sculture, oggetti, immagini, documenti, manifesti e libri, raccolti dai curatori dell'esposizione Beppe Finessi e Marco Meneguzzo; e «riletti» secondo un percorso articolato in nove sezioni, tra cui spiccano quelle denominate «Forma come metodo» e «Superare il limite»: un chiodo fisso di Munari era di scoprire il limite degli strumenti e delle idee, cioè verificare se fosse possibile andare oltre lo scopo per cui erano state pensate. E al centro dello spazio espositivo, i laboratori didattici per i bambini realizzati secondo il «metodo Munari».
(...)
Il progetto dell'allestimento è di Marco Ferreri, architetto, designer e allievo del Maestro. «Munari è stato un grande didatta e il suo metodo è sempre valido se il progetto è intelligente - racconta l'architetto - . Perciò il primo passo è stato chiedersi "questa mostra come l'avrebbe fatta Munari?". Nella semplicità del progetto: tutte le mostre che parlano di lui puntano alla semplicità. E così abbiamo scelto di concentrare il materiale sulle pareti perimetrali utilizzando una pannellatura omogenea in modo da lasciare libero lo spazio centrale per il laboratorio ». Per un allievo di Munari, qual è la cosa più importante che il Maestro ha lasciato? Parafrasando il celebre aforisma secondo cui «se uno ha fame non dargli da mangiare ma insegnagli a pescare» Ferreri risponde senza esitazione: «Munari mi ha insegnato a pescare».

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