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Servire il potere, lite tra archistar

 
Testata:
Corriere della Sera
 
Data:
28-02-2013
 
Autore:
Pierluigi Panza
 
 

Servire il principe o il popolo... Un vecchio problema per gli architetti. Quando il committente di un'architettura è un monarca assoluto, per i progettisti è spesso più semplice realizzare un'opera, basta seguirne le inclinazioni del gusto. La democrazia invece, con le sue burocrazie e i suoi riti, allunga i tempi dei progetti e spesso li incaglia. Detto questo, l'attacco lanciato da Daniel Libeskind ai colleghi che lavorano per i «nuovi dittatori» è un giusto richiamo o un autogolfuoritempo?
Su Architects' Journal, Libeskind ha criticato aspramente quei colleghi che si mettono al servizio di «regimi autoritari». Discettando su etica e committenza, Libeskind ha sottolineato che, ancora oggi, gli architetti possono essere usati per servizi poco apprezzabili. Così, in una ricostruzione dei possibili riferimenti, ieri si sono cimentati blog e giornali facendo trapelare vari nomi di progettisti ai quali sarebbero rivolti gli strali dell'archistar. Primi fra tutti quelli che stanno realizzando grandiosi progetti in Cina, come Rem Koolhaas (China Central Television), la cui poetica, comunque, come mostra un bel libro di Roberto Gargiani, (Rem Koolhaas/OMA, Laterza, pp. 230, 25), si è formata nel contesto culturale delle neo-avanguardie fine anni Sessanta. Oltre a Koolhaas gli strali di Libeskind sarebbero contro Herzog & de Meuron (Stadio nazionale) e gli italiani Massimiliano Fuksas (per l'aeroporto di Shenzen) e Vittorio Gregotti (per la new town di Jiangwan). Inoltre, genericamente gli architetti che stanno lavorando negli Emirati, a Dubai, ad Abu Dhabi e a Riad, ovvero nei santuari di una certa architettura contemporanea. Insomma, per Libeskind non si può servire due padroni, l'architettura e il denaro. L'etica dell'architetto preclude di porsi al servizio di Paesi a rischio totalitario.
(...)

 
 
 
 
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